Respirare non è sempre vivere. Chi “respira” nella paura di morire, è già MORTO e non lo sa

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Respirare non è sempre vivere. Chi “respira” nella paura di morire, è già MORTO e non lo sa

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Pubblicato da Redazione in PARLIAMO DI... · Venerdì 07 Gen 2022
Tags: mortecovidpsicosi
Gli eventi della vita ci pongono di fronte a continue, doverose riflessioni. L’esistenza è mutevole, caotica, imprevedibile e...soprattutto caduca.  Una certezza è inopinabile: non possediamo ancora il dono dell’immortalità. Anche se sarebbe davvero arduo parlare di dono, poiché la vita stessa trova senso solo in presenza di obiettivi, e l’immortalità vanificherebbe il concetto stesso di obiettivo non ponendo punto di chiusura all’orizzonte. Ma, tornando al concetto di “immortalità”, pare che, ultimamente, questo assioma sia prepotentemente entrato nelle vene e nei cuori della maggior parte di individui “respiranti”. La paura della morte (abbondantemente elusa da dati matematici che ci si ostina a non voler interpretare) ha instillato un tarlo irrefrenabile nella mente che sta inducendo a non vivere più per non... Allora si assiste ad uno scenario impietoso di file chilometriche, ruba tempo e ruba soldi, davanti alle farmacie per “avere la speranza di un tampone”. Individui perfettamente sani, con una quantità di tempo invereconda a disposizione, che decidono di impiegare le loro energie dentro e fuori da una farmacia, in fila. Se ci pensiamo bene è uno scenario molto più apocalittico di quello che si possa pensare. Richiama alla mente le celeberrime scene di Silent Hill, con l’ingresso delle anime infernali al crepuscolo, sapientemente annunciato da una sirena greve e funerea.

Sguardi vuoti, incedere lento, movimenti appena percepibili...tutto per un tampone!

Molte di queste anime si paventano dietro la “tutela dei propri cari”, perché, effettivamente, serbando un pizzico di lucidità, sarebbe alquanto parossistico ammettere di “volersi salvare dal niente”, allora scatta il jolly del “proprio caro” (nella stragrande maggioranza dei casi, ormai, vaccinato e protetto).



In questa spirale di psicosi collettiva, ovviamente, tutto diviene stantio e preoccupante. Lo zapping su vari talk show e tg si autodecreta l'unica pausa rinvigorente tra un tampone e l'altro. Cosa accade, però, dall'altra parte del monitor?

Coloro che sono davvero in difficoltà, che avrebbero bisogno di urgente assistenza, che non potrebbero “attendere le paure dei sani”, che vorrebbero solo un abbraccio dei propri cari tra le fredde pareti di un ospedale, rischiano seriamente...di perdere quel dono prezioso che è la vita, e spesso nella totale solitudine.  

Alle anime che “respirano”, tuttavia, tutto ciò non interessa. Quello che questi due anni ci hanno permesso di constatare, non senza danni spesso irreversibili, è che la mente può essere un’arma letale se non sufficientemente supportata da conoscenza, consapevolezza e tanta, ma tanta personalità. Le informazioni, volutamente e ostinatamente fuorvianti, viaggiano alla velocità della luce sterminando cervelli e, in molti casi, annebbiando anche conoscenze pregresse. Ne scaturisce una deriva non solo dell’oggi, ma anche del domani, per annullamento totale di obiettivi e futuribilità. Allora il mondo si paralizza, abbacinato da un’unica parola che, attraverso sapienti fili da burattinaio, induce movimenti e decisioni: virus. Da una parte si conquistano Rolex, dall’altra si “respira”. Ma siamo davvero certi che il respiro sia sinonimo di vita? Cosa sarebbe l’esistenza senza l’esperienza, senza i profumi, senza i viaggi, senza le scoperte, senza le emozioni forti, senza mutamento...senza progetti?

Vorremmo poter credere in un’umanità che non giunga all’impietosa decisione se “staccare o no la spina”, ma che compia azioni di grandezza, potenza, creatività, determinazione, coraggio...dinamiche essenziali per far percepire a un elettrocardiogramma un cuore che palpita e un encefalogramma un cervello che si muove.

Non si vuole negare tutto ciò che accaduto, ma si vuole spronare, di fronte alle certezze scientifiche in nostro possesso a distanza di due anni, a riconquistare se stessi, a regalarsi una nuova alba. Concediamoci non solo di respirare ma di sentire, perché solo nelle emozioni risiede la spinta propulsiva a lasciare al mondo un segno indelebile del nostro passaggio.

Vivere!

S.G.

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